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Romanzo sulla squadrismo.
La prima edizione fu stampata nel 1932 dalle edizioni de il “popolo d’Italia”.
Certo, squadrismi importanti si ebbero anche in Polesine, a Trieste, Napoli e nelle Puglie, ma a “tracciare il solco” fu quello toscano, a cominciare dalla “proto-spedizione” di Montespertoli dell’ottobre del 1920, che presentava già, in nuce, tutti i caratteri dello squadrismo che verrà.
Nella stessa Toscana, inoltre, differenze ci furono, per esempio, tra il primo fascismo fiorentino, segnato dalla presenza di personaggi come Dumini, Banchelli e Frullini, ex combattenti ed “uomini di mano” prestati alla politica in un periodo tempestoso, quello carrarese, dove a farla da padroni erano cavatori e scalpellini del marmo, guidati da Ricci, figlio di cavatore egli stesso, e quello senese, dove, nella forte componente degli studenti della locale Università emerse Giorgio Alberto Chiurco, destinato a diventare chirurgo di fama, oltre che politico e storico.
Proprio nel Senese agì anche Adolfo Baiocchi, che era stato volontario di guerra, ferito, decorato di medaglia d’argento, promosso sottotenente e prigioniero nel campo di concentramento di Terezin, in Bosnia.
Dello spirito che lo animava, nelle giornate del “maggio radioso”, ci ha lasciato una bella testimonianza nel suo Generazioni:
«Le due stanzette dell’ufficio interventista di Siena, in piazza S. Francesco, la sera del 24 maggio erano affollate di giovani. L’ansia di quelle giornate epiche era divenuta quella sera tormento, e le discussioni fervevano, improntate alle più grandi speranze, quando, verso mezzanotte, un uomo sudato, col respiro mozzo per aver corso, entrò come un bolide urlando: “È arrivato il telegramma, è arrivato il telegramma della dichiarazione di guerra!”
Le discussioni cessarono e vi fu un attimo di completo silenzio: la notizia aveva sbalordito tutti. Poi una voce urlò: “Viva l’Italia, viva il Re!” I presenti, in uno slancio frenetico, risposero concordi al grido: “Viva l’Italia, viva il Re!” Il segretario del gruppo, un laureando in chimica — bruno, alto, asciutto, viso dantesco, grande cravatta nera svolazzante — salì su un tavolo per arringare i compagni: “Amici, il nostro voto è stato esaudito. Stanotte stessa noi chiuderemo questo locale testimone della nostra passione. Il dovere di ognuno di noi non è più qui, non è nemmeno presso le nostre famiglie, ma è quello di presentarci immediatamente al Distretto militare. Dio faccia che la gloria sia con voi!”E tutti i presenti gridarono, ad una voce: “Al Distretto!” Uscirono insieme nella notte. In quell’attimo risuonò, cupo, il campanone della torre del Mangia. All’improvviso, grave rintocco, la gente si svegliò, le finestre si illuminarono e la terribile magica parola strinse i cuori: “La guerra, la guerra!”.