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Quale ruolo hanno giocato i confini nella storia dell’umanità? Quale funzione possono svolgere al tempo della globalizzazione planetaria e dell’immigrazione di massa? L’autore risponde a queste domande, compiendo uno straordinario viaggio nel tempo: dalle prime forme di vita stanziale ai riferimenti perenni della spiritualità e della mitologia; dall’edificazione dei primi templi alla fondazione dell’Urbe; dalla muraglia cinese ai castelli medievali; dal Limes romano ai grandi Imperi; dal “mito della frontiera” alle moderne dogane commerciali; dalla Guerra Fredda all’Unione Europea.
Il confine – manifestazione fisica del sangue che si unisce al suolo – rappresenta lo strumento che permette di identificare una Comunità di appartenenza e un’identità di riferimento: le grandi Civiltà – da sempre – hanno tracciato dei limiti entro i quali svilupparsi e riconoscersi, in ordine con i propri retaggi e con la propria immagine del mondo.
Oggi al centro del dibattito politico, il confine rappresenta un ostacolo naturale al dilagare del “villaggio globale” fondato sull’egemonia del mercato, sulla circolazione delle merci e sul dominio del profitto: il grande “spazio liscio” immaginato dal mondialismo – all’ombra dell’ideologia “no borders” – impone lo smantellamento delle Nazioni, l’ibridazione delle culture, lo sfaldamento delle Tradizioni, l’annichilimento delle specificità e la sostituzione dei popoli.
Questo saggio – documentato e coraggioso – vuole essere una critica impietosa al caos dell’indistinto e della dismisura, per l’affermazione di una nuova narrazione: identitaria, consapevole e controcorrente.