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Un uomo coerente fino in fondo: è questo il profilo che ci offre questo libro. Al di là del gesto estremo con cui concluse la sua esistenza, Dominique Venner ha veramente saputo guadagnarsi sul campo, sin dall’infanzia, il titolo di “cuore ribelle”. Poi, in età matura si è scoperto “storico per vocazione”, lasciando un fecondissimo catalogo d’opere controcorrente, dove la concisione della forma sa trasformarsi spesso in parole d’ordine riecheggianti lo stile lapidario degli scrittori classici.
Nel 1992, quando si apprestò a scrivere Le coeur rebelle, Dominique Venner si era buttato alle spalle le esaltazioni giovanili, costellate da rischiose esperienze militari e da non meno rischiose militanze nazionaliste. Dopo aver scelto di vivere pericolosamente, sul finire degli anni Settanta aveva lasciato una Parigi trasformatasi ormai in metropoli “astiosa e invasa”. A spingerlo a quella svolta esistenziale fu, per sua stessa ammissione, la necessità di preservare la propria libertà dall’aggressività, dalle ambizioni e dalle furbizie richieste dalla logica della conquista del potere politico.
Da allora era letteralmente passato al bosco, per porsi a simbolica guardia della frontiera del pensiero tradizionale sentendosi “europeo nel senso antico e spirituale della parola”. Era una sorta di trasposizione degli anni giovanili, allorché aveva difeso il confine dell’Algerie française. In sostanza, Venner da quel momento incominciò ad incarnare nella vita la figura letteraria del Ribelle tratteggiata da Ernst Jünger, che gli fu modello di stile di vita. E dal covo di Le Rambucher, che lo rimandava alle origini mitiche della civiltà indo-europea ispiratrice di molti suoi lavori, non si staccò più.
Dominique Venner non amava il reducismo. Furono solo le “ferite del passato” non del tutto sopite ad ispirargli la stesura di quest’opera, che risvegliava “un drago pericoloso per lo spirito”. Col sapiente utilizzo della tecnica dell’analessi (flashback), egli tratteggiò vicende vissute spesso sul filo del rasoio dai giorni dell’infanzia sino alla ricordata data di stesura del testo.
A logico coronamento di queste memorie, perciò, Gaetano Marabello, che ne ha pure curato la traduzione, ha voluto chiudere il cerchio ricostruendo le fasi ultime d’una vita lineare, esempio davvero raro in un’epoca dove il compromesso è la regola.
DOMINIQUE VENNER (1935-2013), scrittore, storico. Ha diretto la rivista Enquête sur l’Histoire e fondato La Nouvelle Revue d’Histoire. Ha pubblicato una cinquantina di opere dedicate a temi come la Resistenza, la Collaborazione, il Fascismo tedesco, la guerra civile russa, il terrorismo, le armi, la guerra di secessione. La sua Histoire de l’Armée rouge è stata premiata dall’Académie française. Prima di quest’opera, Controcorrente ha tradotto e dato alle stampe Il Secolo del 1914. Utopie, guerre e rivoluzioni nell’Europa del XX Secolo (2017).
«Nella guerra d’Algeria, su ordine e per necessità abbiamo ucciso e abbiamo visto uccidere, talora in maniera atroce. Questa guerra ha fatto di noi l’ultima generazione europea costretta alla prova della morte in faccia e che ha conosciuto il volto virile dell’esistenza. Lo ritengo un privilegio».