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Saggio introduttivo di Hervé A. Cavallera.
Tra i personaggi che animarono l’intenso dibattito culturale del regime fascista spicca la figura di Francesco Ercole. Sul suo itinerario politico-intellettuale non ci sono state, al momento, indagini organiche; eppure il suo percorso che parte dall’adesione all’Associazione nazionalista italiana e si conclude nell’adesione alla Repubblica Sociale è abbastanza inusuale per coloro che aderirono al fascismo dopo la fusione con l’Ani nel 1923. Propugnatore e teorico di una visione etica della politica, Ercole è vicino alle posizioni di Giovanni Gentile, la cui lezione tornerà nelle ultime parole scritte da Ercole prima di una morte sulla quale è lecito nutrire più di un sospetto. Deputato, membro delle commissioni di riforma volute dal fascismo, ministro dell’educazione nazionale, scrittore fecondo, studioso in particolare di Dante Machiavelli, docente di storia del diritto, di storia moderna, di storia del Risorgimento, Ercole realizzò una poliedricità di studi, oggi impossibile da immaginare.
I suoi numerosi scritti presentano il fascismo come realizzazione di un’etica intesa come politica, in considerazione della necessità della politica di fondersi con l’etica. Gli eventi storici sono letti da Ercole, infatti, sempre come scontro di visioni del mondo, di concezioni etiche; anche il Risorgimento, sulle orme di Alfredo Oriani, è per lui operazione storica incompiuta, in quanto l’unità non era il fine della nazione italiana, ma strumento per realizzare il destino storico dell’Italia.
Anche Ercole, come altri, vide nel fascismo il completamento e l’iveramento della storia nazionale.