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La lettura dell’avvincente opera di Sergio Pessot provoca alcune domande destinate a turbare i custodi della imperiosa vulgata storiografica: perché si verificò il successo del fascismo, dopo la grande guerra democratica, che aveva segnato la fine dei regimi autoritari/reazionari appartenenti al passato? Perché si affermò il movimento di Mussolini, un politico che aveva sostenuto l’intervento dell’Italia nella guerra liberale?
Quale imprevista ragione sosteneva la volontà di andare oltre l’ordine stabilito dalla vittoria delle nazioni modernizzatrici, oltre il capitalismo trionfante, oltre il marxismo emergente in Russia, oltre i progetti degli eredi legittimi e dei custodi inflessibili degli immortali principi del 1789?
Perché il fascismo seminò inquietudine e speranze nel cuore generoso della gioventù vivente in ogni luogo della Terra. In Giappone e in Sud America, in Cina e nella Scandinavia, in India e in Francia, in Sud Africa e in Spagna, nel mondo arabo e nel mondo cattolico?
Quale segreta ragione muoveva la rivolta contro il vertice speculativo della modernità, che si era felicemente/stabilmente (così si pensava) affermato nelle strutture politiche sulle quali vigilava una gongolante e vincente borghesia liberale, tecnocratica e bancaria?