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I boschi sacri dell’antica Roma

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“Il culto dei boschi sacri, comune a tutti i popoli dell’antichità, fu in grande onore anche presso i Romani e se ne trovano importanti ricordi fino agli ultimi tempi del paganesimo. Ed anzi tanto era esso radicato nell’animo del popolo, che se ne possono sorprendere non ispregevoli traccio persino nei primi secoli dell’età cristiana, come dimostrerò in altro mio lavoro, che farà seguito al presente. ‘ È appena necessario ricordare che ai boschi sacri davasi dai Romani il nome speciale di Incus; nome che deve distinguersi, come ci avvertono gli antichi scrittori, da Silva e da nemus, usati per indicare i boschi privi del carattere sacrale. I luci erano in origine quella parte delle selve destinate al culto, e dove gli abitanti primitivi si radunavano per attendere ai riti religiosi. Essi devono quindi considerarsi come i primi templi: dal lucus si passò alla aedicula, o piccola cappella, costruita dinanzi ad un albero sacro; dalla aedicula al sacellum, costituito, come dicono Pesto e Trebazio, da un piccolo tratto di terreno, cinto da un muro, e con un’ara nel mezzo ; dal sacellum, finalmente, alla aedes sacra, o tempio, Ma questa trasformazione non fu così radicale, che accanto ai templi non continuassero ad esistere le edicole ed i sacelli, sia in Roma, dove i sacelli compitali rinnovati da Augusto si conservarono a lungo ; sia nella campagna, dove sorgevano frequenti le edicole, specialmente all’incrocio di due più vie campestri. Inoltre, per quello spirito di conservazione che è proprio ad ogni culto, gli antichi Romani non soltanto piantarono alberi sacri attorno ai sacelli ed alle edicole, ma vollero che a ciascun tempio fosse unito un Incus, quasi a perenne ricordo della primitiva sede delle religiose adunanze nei boschi sacri.[…]”

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