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La parabola esoterica e politica di Rudolf von Sebottendorff risulta particolarmente interessante se la si legge in chiave ermetica. Von Sebottendorff, infatti, può essere considerato un Magus, ovvero il Filosofo-Sapiente di concezione bruniana, capace di sostenere in maniera determinante ed efficace il ripristino di una armonia universale che, senza il suo ausilio, non si sarebbe mai potuta realizzare. Colui il quale “agendo magicamente” attraverso gesti, segni e parole, entra in relazione con ogni elemento trovandovi “cor-rispondenze” e “sincronicità”.
Proprio ai Rosa+Croce von Sebottendorff fa risalire questa Prisca Theologia, cioè la “Teologia Antica”, termine con il quale Marsilio Ficino si riferiva all’idea che fosse sempre esistita una stirpe di sapienti che propugnavano una saggezza universale e atemporale di origine divina.
Questo perché come insegnava Cornelio Agrippa, la Magia è anzitutto filosofia che si fa azione sino a produrre effetti atti alla trasformazione “interiore” e successivamente “esteriore”.
In quest’ottica vanno anche inseriti gli insegnamenti contenuti nella “Scienza delle Chiavi” appresa da von Sebottendorff dai Beni el Min, ovvero dai “figli delle chiavi”. Una confraternita sufica nella quale si praticava un sistema operativo di trasmutazione interiore incentrato sull’apprendimento di gesti e “segni” da eseguire con le mani per far scorrere all’interno del proprio corpo le “correnti sottili” evocate. Correnti che poi il discepolo dovrà saper fissare nel corpo tramite delle “prese”.
Probabilmente von Sebottendorff volle con la Thule creare, come Christian Rosenkreutz nel XV secolo, un piccolo gruppo di discepoli iniziati riuniti in una confraternita rosacruciana dove, in qualità di Eques lapidis aurei, avrebbe contribuito a un risveglio spirituale in Germania necessario per la rinascita politica del Reich.