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Con la pubblicazione dello Heibo kadensho, di Yagyu Munenori, offriamo ai lettori quella che potremmo chiamare «la seconda anima», o l’altra faccia della medaglia, della Via della spada giapponese. La prima l’abbiamo offerta con la pubblicazione del celeberrimo Gorin-no-sho (Libro dei Cinque Elementi) dell’altro massimo Maestro di spada Miyamoto Musashi.
In effetti questi due Maestri, che vissero nella stessa epoca, anche se probabilmente non si incontrarono mai, sintetizzarono i due approcci possibili alla Via della spada: in comune hanno l’impegno incessante di tutta una vita nella ricerca della perfezione e del superamento della paura della morte, ma differiscono in tutto il resto, e i loro rispettivi scritti lo testimoniano fedelmente.
La via di Musashi è quella di un ricercatore solitario, di un samurai senza padrone che forgia la propria arte in un’interminabile sequela di duelli e di scontri sanguinosi e arriva all’Illuminazione quasi alla maniera di uno yamabushi (i famosi monaci guerrieri), per uno sfondamento e una trasvalutazione dello sforzo fisico e ascetico verso il dominio spirituale.
La via di Munenori è quella, più regolare, di un samurai di nobile casata (per quanto non eccelsa) che, grazie alle proprie doti, ma soprattutto alla propria intelligenza e accortezza, diventa uomo di corte e insostituibile consigliere di tre Shogun e un’eminenza grigia che ha il controllo totale dello Stato mediante una formidabile polizia segreta da lui stesso creata.
Se in Musashi il fisico e lo spirituale, la violenza e l’Illuminazione rimangono in corto circuito fino alla pacificazione portata dalla debolezza senile, in Munenori anche nella pratica della spada è l’aspetto mentale che sta al centro. Viene da pensare che il fatto che lo Heiho kadensho sia intriso di continui rimandi all’insegnamento dello Zen dipenda meno dall’influenza personale del monaco Takuan, intimo amico dell’autore, quanto dal fatto che l’«eccessiva» intelligenza di Munenori costituiva il limite della sua Via della Spada. Lo Zen era dunque per lui uno strumento imprescindibile di superamento interiore.
Se per Musashi la tecnica (pur dovendo essere studiata con assiduità) è completamente secondaria rispetto all’atteggiamento interiore nell’istante decisivo in cui si guarda in faccia la morte, e per questo motivo il Libro dei Cinque Elementi è un testo così enigmatico, il testo di Munenori ha invece l’aspetto più tradizionale di un manuale con tecniche codificate, in cui lo stato della mente costituisce però sempre il punto di vista fondamentale per giudicare la qualità e l’appropriatezza della tecnica.