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Intrappolati nell’era in cui oggetti e persone acquistano valore solo attraverso la distruzione dell’opposto, o, peggio, del complementare, eccoci giunti alla narrazione della grande madre. Le donne sono vittime di violenze intollerabili (tali solo se a commetterle sono connazionali)? Occorre distruggere il maschio, la sua funzione, il suo ruolo, la sua virilità. Poco importa che i numeri, che la cronaca ci fornisce, non supportino la soluzione individuata. Poco importa se le moderne eroine del #metoo tutto siano fuorché eroine. Tutto si può al fine di distruggere il complementare, il maschio, simbolo di violenza e sopraffazione (soprattutto se bianco e occidentale). […] Ma la risposta alla domanda “tutta questa guerra ha contribuito alla emancipazione, alla creazione di pari opportunità, alla “liberazione” delle donne?” fuoriesce impietosa da questo libro. La rivoluzione voluta dalle femministe che idolatravano i monologhi della vagina si è rivelata un colpo di stato a beneficio di poche elette, che poco condividono dei quotidiani affanni femminili.