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Al termine della Grande Guerra, Paul Valéry scrisse: “ora sappiamo che le civiltà sono mortali”. Un secolo dopo, il pronostico si avvera: l’Europa muore di consunzione, nichilismo e odio di sé.
Agisce – in Europa e in Occidente – una sconcertante “volontà di impotenza”: è il tenace desiderio di farla finita con tremila anni di identità, di cultura e di retaggi. La chiamano “oicofobia” ed è l’assurda condizione di chi disprezza, rinnega e rifiuta ciò che gli appartiene.
Questo libro è una ricognizione attraverso la Via Crucis finale di un’immensa Civiltà – la nostra – che sembra volgere stancamente al tramonto: dalla prassi dello sradicamento globale alle tentazioni del transumano, dall’individualismo edonista alle contraddizioni della “società aperta”, dall’attacco alla famiglia alla “guerra dei sessi”, dal dominio della tecnica alla negazione delle sovranità, dalla “cultura del piagnisteo” all’isteria “politicamente corretta”. Un saggio puntuale e coraggioso, che denuncia il cortocircuito del progressismo apolide e del pensiero unico dominante.
Per non dimenticare, per risvegliare, per lasciare una traccia. Per affermare che non tutti – nel crepuscolo dell’Occidente – vollero suicidarsi. Non tutti – insomma – si avviarono sorridenti alla “grande cancellazione”.